casa“... Sono arrivata in questa famiglia che per me aveva una casa abbastanza strana: grande, con pareti di colori pastello, vari quadri strani e c’erano varie colonne ...”
“... Era a casa di nonna (morta prima del Covid-19), mi salvavo saltando dal balcone al piano di sotto ...”
“... Stavo fuori in balcone, mi affaccio e vedo dei leoni …”
“... Ero in una casa al mare affacciata al balcone, era casa di una mia ragazza, sembra quasi che in realtà quella persona sia Lei e non io …”
“... Stavo a casa con Nonna che stava pulendo le sue ciabatte …”
“... Era una stanza esagonale formata da una porta alta come un palazzo e tante porte di Lego, era sul marrone con tappeto rosso scuro, faceva venire l’ansia. In ogni porta c’erano maggiordomi che somigliavano a Willy Wonka, che aspettavano prede da catturare e rapire…”

Il nostro cammino alla scoperta dei sogni durante l’epidemia del Covid-19 prosegue con l’esplorazione di un altro simbolo, emerso con frequenza nei sogni raccolti con la nostra ricerca: la Casa.

Ci sono molteplici letture possibili rispetto a questo simbolo. Per Freud la casa raffigura il corpo nella sua struttura fisica ma anche nei suoi aspetti intellettivi ed affettivi: le pareti esterne come maschera sociale, le finestre come gli occhi, la porta come la bocca (o vagina), i balconi come il seno o altre sporgenze del corpo, le cantine e i sotterranei come il mondo sommerso dell’inconscio e dell’Es. In particolare, la casa può anche offrire uno spaccato dei rapporti familiari e sociali e della cerchia relazionale del sognatore, del suo livello di integrazione e conformismo.

Jung, invece, sostiene che alla corrispondenza casa-corpo possiamo affiancare quella di casa-anima. Infatti, la facciata della casa rimanda alla figura sociale, i piani superiori sono preposti alle funzioni consce e agli stimoli spirituali, quelli inferiori riflettono invece le funzioni inconsce ed istintuali, la cucina è un luogo di trasformazioni che allude al processo alchemico e all’evoluzione, il bagno è legato al desiderio e al bisogno di liberarsi di emozioni, ricordi e responsabilità.

Tuttavia, già in epoca romana, si era detto domus est ubi cor est (la casa è dove si trova il cuore), a richiamare una condizione emotiva di appartenenza, sicurezza ed intimità, la casa è sempre stata vista anche come contenitore e rifugio.
La psicologia freudiana ha associato il simbolo della casa alla donna, alla madre e più precisamente ad un senso sessuale o “nativo”. Fa parte anche della natura stessa della casa essere più femminile e materna piuttosto che maschile. La nostra prima casa è il grembo materno, infatti molte tra le prime case dell’uomo erano strutture intime e avvolgenti come il ventre materno. La casa rappresenta, inoltre, i misteri ed i riti sacri di relazione, unione, solitudine e nudità, celebrati nella cucina, nella stanza da letto e nel bagno. Nei sogni, la psiche è spesso raffigurata come una casa, a volte ci sono piani diversi che indicano una continuità temporale, oppure ogni sognatore nel proprio sogno può vedere la casa ordinata, o in rovina, vecchia o rinnovata. Casa è anche vista come sviluppo del Sé, perché rappresenta un luogo in cui essere sé stessi, senza giudizi, ma potrebbe anche diventare una prigione oppure un rifugio, vi si può rimanere bloccati al suo interno, ci si può confinare per scelta e vi si può trovare armonia o violenza domestica.
Insomma, la casa è il cuore pulsante della vita privata dell’individuo ed è considerata luogo sacro ed inviolabile.

Durante il periodo Covid-19, la maggior parte delle persone è stata costretta a rimanere chiusa dentro le mura domestiche per prevenire la pandemia mondiale. Nella nostra raccolta di sogni, sia del periodo di lockdown sia della fase 2 dell’emergenza, è emerso come dato interessante la presenza del tema della Casa. Riguardo questo tema, nella prima fase la casa è emersa in circa il 29% dei sogni degli adolescenti ed i giovani adulti che hanno voluto condividerli con noi; mentre nella seconda fase (dopo il 30 Aprile) compare la casa come tema in circa l’11% dei sogni raccolti. Questa diseguaglianza nel campione, ci ha permesso di riflettere sulle possibili evocazioni che la presenza della casa ha significato nella psiche dei nostri sognatori in un momento critico come quello del lockdown, in cui si era obbligati a rimanere tutto il giorno nella propria abitazione.

Come mai così tante case nei sogni della fase 1?
Nella vita diurna del periodo emergenziale, la casa ha rappresentato, nell’immaginario collettivo, da un lato un rifugio per prevenire il contagio dal Covid-19, dall’altro una prigione dorata in cui siamo rimasti rinchiusi.
In alcuni sogni la casa è apparsa come il luogo in cui bisogna o si vuole tornare “decidiamo di prendere la bicicletta per tornare a casa..”, “prendiamo l’autobus per tornare a casa..”, “il fine settimana lui tornava a casa..”
Un po’ come l’Ulisse raccontatoci nell’Odissea da Omero, che intraprende il suo viaggio infinito per tornare a casa, a Itaca, ai propri affetti, così gli adolescenti hanno dato spazio nei propri sogni all’immagine della casa, che fosse la propria, o quella dei nonni, o quella al mare, o addirittura sull’acqua, rappresentando il posto sicuro in cui ritrovare se stessi.
Che siano case private, inesistenti, infantili o di vacanza, sono tutti luoghi dove le proprie dinamiche consce ed inconsce possono manifestarsi, dando spazio ad una sensazione che oscilla tra la mancanza di sicurezza del periodo emergenziale e la spinta al reinventarsi in una situazione nuova.

A tal proposito è interessante notare che rispetto ai sogni del secondo periodo, quelli inerenti alla fase del lockdown oltre ad essere ambientati più frequentemente in una casa, narravano, anche, di abitazioni non di appartenenza; case in affitto, al mare, dei nonni, di luoghi all’estero… Al contrario, nel secondo periodo compare molto spesso nelle varie descrizioni l’aggettivo “mia”, <ero a casa mia>… Questo dato evoca lo smarrimento, la non-padronanza, avvertiti dalla psiche a inizio pandemia.
Ciò che avviene “nella casa” avviene dentro di noi; è innegabile che nello sconvolgimento del nostro #restareacasa, è stato difficile rimanere in contatto con il nostro dentro. Proprio per questo probabilmente le case dei sogni, tanto più presenti rispetto ai sogni successivi, non erano le “proprie” case.

Non manca nei nostri sognatori la spinta verso la libertà esterna rappresentata nei sogni dall’immagine del balcone (anche questo è un elemento presente più volte nella prima fase). L’Italia, nel periodo più difficile della pandemia, ha deciso di riunirsi a distanza tramite dei flashmob per sostenere l’operato dei medici, di tutto il personale sanitario e di tutte quelle persone che permettevano con il loro lavoro di continuare le attività indispensabili per il paese. Ogni giorno a mezzogiorno tutti gli italiani, da nord a sud, si sono affacciati dal proprio balcone, dalla propria finestra e hanno applaudito come gesto di riconoscenza e solidarietà. Ognuno in questo modo ha potuto avere un contatto con il mondo esterno, riscoprendo la bellezza del cielo e le persone che, a distanza di una finestra, vivevano la stessa situazione di reclusione. La spinta all’esterno sembra essere rappresentata nei sogni con un balcone, come una spinta verso lo spazio esterno che fa parte della psiche, la linea di confine, la soglia che ci permette di vivere fuori senza cadere nelle mani di mostri o di animali feroci, che tanto simboleggiano il nemico pandemico: “stavo fuori in balcone, mi affaccio e vedo dei leoni...”.

Un’altra immagine presente nella nostra raccolta, questa volta però nel secondo periodo (dal 1 al 30 maggio), è la fuga dalla propria abitazione, che sembra voler significare un rifiuto nell’accettare ciò che si vive dentro casa, sia con la propria famiglia (su un piano oggettivo), sia dentro di sé (su un piano soggettivo).
Nel secondo periodo dell’emergenza, emerge spesso l’immagine di case non accoglienti, le quali fanno paventare la difficoltà di accedere a energie vitali, che impediscono lo sviluppo e l’equilibrio. Abitazioni caratterizzate da presenze o eventi spiacevoli come “scarafaggi”, “cadaveri”, “un mostro”, “un cane che fa paura”, “un furto”, “qualcuno nascosto”...
Altri racconti hanno riportato eventi legati al Covid-19 accaduti in casa; è evidente, su un piano di realtà, tutta la situazione di quarantena vissuta, ma è anche pensabile un attacco alla propria stabilità interna. L’intrusività di questo nemico invisibile è talmente forte che, lontano o vicino che sia, arriva addirittura nel profondo.

E così, mentre Ulisse impiegò dieci anni viaggiando attraverso il Mediterraneo per fare ritorno a casa, noi nel ventunesimo secolo, siamo arrivati a viaggiare in poche ore da una parte all’altra del mondo, spinti dal desiderio di conoscere nuovi luoghi e da quello di tornare nella propria Itaca. Con l’emergenza del Covid-19 la spinta ad allontanarci da casa e scoprire posti nuovi c’è stata vietata, costringendoci a rimanere rinchiusi nella nostra Itaca-casa. Chissà, forse ci eravamo allontanati troppo dalla casa, dal grembo, dalle caverne. Dal “nativo” (o “cuore”) di tutte le cose. Chissà. Nel frattempo, il 29 percento dei nostri ragazzi della Pandemia del 2020, tra le tante immagini, ha sognato proprio una Casa...

Di Sara Falcone e Martina Ursitti

Foto di Valentina Bottiglieri