WorldPride

Logo del World Pride 2000 (immagine da roma.repubblica.it)

Ogni anno a giugno le strade, le piazze e i palazzi si riempiono di bandiere arcobaleno. Giugno è infatti il mese del Pride, conosciuto a livello internazionale come Pride Month, durante il quale si celebra l’orgoglio della comunità LGBTQ+ (acronimo di “lesbiche, gay, bisessuali, transgender e queer”, termine utilizzato per riferirsi a tutte le persone che preferiscono non identificarsi in una specifica “etichetta” relativamente all’orientamento sessuale e/o all’identità di genere. Il segno “+” rappresenta infine tutte le altre identità che non trovano posto nell’acronimo).

Questa è la prima parte di una rubrica che vi accompagnerà per tutto il mese di giugno, per approfondire o chiarire terminologie, temi e istanze della comunità LGBTQ+.
Ma quindi, perché proprio giugno è il mese del Pride?

Il mese del pride è frutto della celebrazione dell’anniversario dei fatti di Stonewall del 1969, evento cardine del movimento di liberazione degli omosessuali: proviamo a raccontare la storia di questi fatti, d’altra parte le storie hanno un grande potere, ad esempio esse possono insegnare, e talvolta anche curare.

Negli anni Sessanta, essere omosessuale era illegale in 49 stati americani, motivo per cui iniziarono a nascere le prime associazioni di protesta e i primi gay bar, dove le persone della comunità LGBT potevano trovare rifugio ed essere sé stesse senza sentirsi costantemente in pericolo. I gay bar erano gli unici posti in cui le persone della comunità potevano esprimersi liberamente e per questo erano spesso presi di mira dall’intolleranza conservatrice, la polizia stessa periodicamente faceva irruzione nei locali per incutere timore tra gli avventori e minacciarne la tranquillità e la sicurezza.

Il 28 giugno 1969, ci fu un’irruzione nello Stonewall Inn, uno dei locali gay più famosi e frequentati di New York, e la polizia arrestò 13 persone con l’accusa di indecenza e di vendita illegale di alcolici. Ma quella notte, gli atteggiamenti violenti delle forze dell’odine, la distruzione di ambienti considerati protetti dalla comunità, il profondo senso di ingiustizia infiammarono gli animi degli avventori che, stanchi di essere sottoposti a tali forme di sopruso, si ribellarono, dando inizio a cinque giornate di protesta al grido di “Gay Power”, che sono passate alla storia come i Moti di Stonewall.
Le conseguenze di questi eventi sono state enormi: in America e nel mondo nacquero diversi movimenti in difesa dei diritti degli omosessuali, l’attivismo diventò una forma di protesta agguerrita, le persone della comunità iniziarono a far sentire la propria voce, a organizzarsi in collettivi e a lottare per le proprie rivendicazioni.

Un anno dopo, il 28 giugno 1970, a New York si tenne il primo Gay Pride della storia: una marcia a Central Park per commemorare i fatti dell’anno precedente. Nello stesso anno, anche in altre città americane si tennero manifestazioni in ricordo dei Moti di Stonewall, trasformando la commemorazione in un evento fisso che ricorre ogni anno.
Nei primi anni 70, anche in Italia iniziarono a prendere vita le prime associazioni e comitati per i diritti e ad essere organizzate le prime proteste, come quella di Sanremo del 1972, organizzata per interrompere un convegno sulla sessualità a Sanremo, il quale proponeva temi quali le terapie di conversione per omosessuali, ma bisogna aspettare il 1994 per il primo Pride ufficiale, organizzato a Roma dal circolo di cultura omosessuale Mario Mieli, che è tutt’ora il circolo organizzatore del Roma Pride. La manifestazione fu una rivoluzione per l’Italia: più di diecimila persone manifestarono contro l’odio e la violenza per rivendicare i propri diritti e la propria esistenza. Il successo di quell’evento fu replicato a Bologna e Verona l’anno dopo, estendendosi, anno dopo anno, a molte città italiane, fino ad arrivare all’organizzazione del World Pride di Roma del 2000, un evento senza precedenti a cui parteciparono quasi cinquecentomila persone arrivate da ogni parte del mondo.

Dal 2014, le associazioni LGBTQ+ hanno deciso di riunire sotto un unico movimento le varie iniziative italiane sotto l’Onda Pride, un’onda arcobaleno che ogni anno travolge la Penisola con forza e voglia di lottare.
Conoscere la storia dei Moti di Stonewall e di tutto ciò che essi hanno comportato, consente di capire qual è il ruolo dei Pride oggi. Non si tratta solo di prendere parte a una festa, ma anche di un modo per ricordare chi ha perso la vita, chi è stato umiliato ed emarginato, chi ancora oggi ha paura di uscire di casa, chi subisce discriminazioni a lavoro, per strada o a scuola. Partecipare oggi al Pride vuol dire affermare la propria esistenza, rendersi visibile e rivendicare il diritto a essere chi si è. I Pride sono commemorazione, celebrazione, ricordo, desiderio di libertà e lotta. E conoscerne le radici è il miglior modo per iniziare a lottare, per comprenderne il senso e la necessità.

Dal 1994, molto è stato fatto, e alcuni traguardi sono stati raggiunti, seppur con fatica. Tuttavia, molto è ancora da fare, ed è per quello che ancora non si è raggiunto che si continua a manifestare. Per una visibilità che la comunità ha deciso di prendersi, per il diritto all’autodeterminazione, per lasciare alle persone di domani, un mondo in cui la diversità non rappresenti un deficit bensì una risorsa, una possibilità di arricchimento. Si marcia per conquistare un luogo di riconoscimento in cui non sia pensabile essere picchiati o umiliati, o addirittura uccisi, per essere semplicemente quel che si è. Si marcia anche per affermare il proprio diritto all’esistenza, un diritto che passa anche attraverso le parole che ti definiscono, che dicono chi sei, che ti plasmano nel mondo.

Parole che spesso non si conoscono, che sembrano estranee, ma il cui unico scopo è dire: “Io esisto. Io sono questə.” Parole che spesso possono essere disorientanti. Parole che abbiamo raccolto qui, nella speranza di aggiungere un tassello alla comprensione delle diverse sfumature delle esistenze umane. Dei diversi colori che compongono l’arcobaleno.

Di Erica Manta