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pugni

Al giorno d’oggi, si sente parlare sempre di più di violenza giovanile, caratterizzata dalla mancanza di Eros: il legame tra l’agito violento e la motivazione che l’ha causato è sempre più labile, sfumato, incomprensibile. Ed è così che la violenza diventa efferata, spietata e crudele; assistiamo ogni giorno a crimini e delitti che ci appaiono sempre più sconvolgenti e inspiegabili, soprattutto quando ad agirli sono i ragazzi, che potrebbero essere figli, nipoti o fratelli.
Come ampiamente confermato dalla letteratura più recente, i disturbi del comportamento hanno conseguenze e costi sociali elevatissimi, che si associano ad azioni antisociali e criminali dei minori e non. Tali agiti si rilevano in misura maggiore se l’esordio del disturbo della condotta è avvenuto in epoche precoci dello sviluppo, in assenza di una tempestiva ed efficace presa in carico di tipo psicologico.

Con il termine disturbi dirompenti, del controllo degli impulsi e della condotta (DSM-5, APA, 2013) ci si riferisce a quadri diagnostici caratterizzati da condotte devianti (che violano norme socialmente accettate e condivise) e che si manifestano con l’azione aggressiva. I comportamenti aggressivi sono tra i più frequenti motivi di accesso ai Servizi per l’età evolutiva, e spesso i bambini o adolescenti arrivano con un funzionamento già compromesso in molti ambiti di vita. I disturbi del comportamento, la cui insorgenza è frequente nell’infanzia, sono il disturbo oppositivo provocatorio (DOP) e il disturbo della condotta (DC): sono caratterizzati da un ampio cluster di sintomi, che includono: difficoltà nel controllo e nella gestione delle emozioni e degli impulsi, scarsa empatia verso gli altri, scarsa tolleranza delle frustrazioni e difficoltà nel regolare l’attenzione. Il tono emotivo è variabile e oscilla tra rabbia, aggressività, oppositività e trasgressione.

Diversi studi longitudinali hanno rilevato che l’evoluzione naturale più frequente del DOP nel 75% dei maschi è verso disturbi da abuso di sostanze e comportamenti antisociali e delinquenziali; mentre nell’11% delle femmine evolve verso problematiche ansioso-depressive (Muratori e Milone, 2001). Se non correttamente diagnosticati e presi in carico, quindi, i disturbi di quest’area tendono a cronicizzarsi e condurre verso esiti antisociali e all’abuso di sostanze in età adolescenziale e adulta. Quali sono le caratteristiche di questi disturbi, e in cosa sono diversi?

● I bambini con disturbo oppositivo-provocatorio hanno un umore persistentemente collerico e irritabile, attuano comportamenti provocatori, vendicativi e polemici verso gli adulti che rappresentano l’autorità educativa (genitori, insegnanti), con atteggiamenti di sfida attiva. Tendono a litigare spesso con gli altri bambini a scuola, a fare loro dispetti o rubare oggetti. I comportamenti oppositivi che di norma tutti i bambini manifestano, appaiono nei bambini con DOP sproporzionati, per durata o intensità, rispetto al contesto in cui vengono agiti;

● Il disturbo della condotta rappresenta spesso l’evoluzione naturale del DOP, in cui la disregolazione si manifesta in agiti distruttivi e aggressivi verso persone e animali, con gravi lesioni a proprietà, furti e frodi, nonché violazioni gravi delle regole di convivenza sociale. Il bambino-ragazzo può ricorrere ad armi o oggetti allo scopo di arrecare danno fisico (coltelli, pistole, bastoni) o solo per intimorire. L’agito distruttivo si accompagna a una notevole crudeltà e piacere nell’infliggere sofferenza, in assenza di rimorso, su un nucleo di insensibilità e mancanza di empatia (Carbone, Cimino, 2017).


Diversi sono i fattori di rischio legati all’insorgenza di questi disturbi. Alcuni autori ritengono che il comportamento aggressivo abbia componenti ereditabili (Edelbrock, et al., 1995; Rhee e Waldman, 2002 citato in Kring et al., 2013). Altri hanno rilevato che l’esposizione ripetuta a violenza assistita nell’ambiente familiare e stili genitoriale autoritari o, al contrario, eccessivamente permissivi, nonché l’influenza dei pari (Coie e Dodge, 1998; Huesmann e Miller, 1994), sono frequenti nell’esperienza di bambini che presentano disturbi della condotta. Numerose altre ricerche rilevano, inoltre, l’importanza di fattori socioculturali quali: povertà, contesti degradati e subculture caratterizzate da violenza; anche disoccupazione e degrado scolastico contribuiscono allo sviluppo di comportamenti antisociali (Lahey et al., 1999). Da questo quadro è evidente come l’insorgenza dei problemi comportamentali non sia da attribuire ad una causa univoca; al contrario, molteplici variabili contribuiscono a delineare una traiettoria verso la violenza e l’antisocialità. Pertanto, è importante intervenire non soltanto sugli stati disadattivi dell’adolescente, ma anche considerarlo come soggetto attivo nel proprio contesto ambientale.
Ma che cosa possiamo fare, concretamente, per intervenire prima che un disturbo comportamentale sia strutturato - e che quindi abbia gravi ripercussioni sull’ambiente familiare, scolastico e poi sociale? Nel prossimo articolo, esploreremo i possibili interventi preventivi, rieducativi e di promozione della prosocialità in adolescenza, finalizzati alla riduzione del rischio antisociale.

di Valentina Di Nunzio e Samanta Staiola

Foto (modificata) di Pexels  Pixabay

 

Bibliografia

American Psychiatric Association (2013). Diagnostic and statistical manual of mental disorders: DSM-5, Washington, D.C., American Psychiatric Association; trad. it. DSM-5. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, Milano, Cortina, 2014.

Coie, J. D., & Dodge, K. A. (1998). Aggression and antisocial behavior.

Edelbrock, C., Rende, R., Plomin, R., & Thompson, L. A. (1995). A twin study of competence and problem behavior in childhood and early adolescence. Journal of Child Psychology and Psychiatry, 36(5), 775-785.

Huesmann, L. R., & Miller, L. S. (1994). Long-term effects of repeated exposure to media violence in childhood. In L. R. Huesmann (Ed.), Plenum series in social/clinical psychology. Aggressive behavior: Current perspectives (p. 153–186). Plenum Press.

Kring, A.M., Davison, G.C., Neale, J.M., & Johnson, S.L. (2013). Psicologia clinica, quarta edizione italiana condotta sulla dodicesima edizione americana. Bologna: Zanichelli.

Lahey, B. B., Miller, T. L., Gordon, R. A., & Riley, A. W. (1999). Developmental epidemiology of the disruptive behavior disorders. In Handbook of disruptive behavior disorders (pp. 23-48). Springer, Boston, MA.

Lonigro, A., Laghi, F., Baiocco, R., & Baumgartner, E. (2014). Mine reading skills and empathy: Evidence for nice and nasty ToM behaviours in school-age children. Journal of Child and Family Studies, 23 (3), pp. 581-590.

Muratori, F. e Milone, A. (2001). Acting out e condotte aggressive: l’approccio farmacologico, relazione al convegno “Le terapie in psichiatria dell’età evolutiva”, Bologna, 16-17 Marzo.